Salta ai contenuti

Comprensione Creatrice

L’Essere e il Sapere devono equilibrarsi reciprocamente al fine di stabilire nella nostra psiche la fiamma della comprensione.

Quando il sapere è maggiore dell’essere, si origina confusione intellettuale di ogni specie.

Se l’essere è maggiore del sapere, si possono dare casi tanto gravi quanto quello del santo stupido.

Nel terreno della vita pratica conviene auto-osservarsi con il proposito di auto-scoprirsi.

È precisamente la vita pratica la palestra psicologica mediante la quale possiamo scoprire i nostri difetti.

In stato di allerta percezione, allerta novità, potremo verificare direttamente che i difetti nascosti affiorano spontaneamente.

È chiaro che il difetto scoperto deve essere lavorato consapevolmente con il proposito di separarlo dalla nostra psiche.

Prima di tutto non dobbiamo identificarci con nessun io-difetto se in realtà desideriamo eliminarlo.

Se, in piedi su una tavola, desideriamo sollevarla per appoggiarla a un muro, ciò non sarebbe possibile se continuassimo a starci sopra.

Ovviamente dobbiamo iniziare col separare la tavola da noi stessi, allontanandoci da essa e poi, con le nostre mani, sollevare la tavola e appoggiarla al muro.

Similmente non dobbiamo identificarci con nessun aggregato psichico se in verità desideriamo separarlo dalla nostra psiche.

Quando uno si identifica con tale o tal altro io, di fatto lo fortifica invece di disintegrarlo.

Supponiamo che un io qualsiasi di lussuria si impossessi dei rulli che abbiamo nel centro intellettuale per proiettare sullo schermo della mente scene di lascivia e morbosità sessuale; se ci identifichiamo con tali quadri passionali, indubbiamente quell’io lussurioso si fortificherà tremendamente.

Ma se noi, invece di identificarci con quell’entità, la separiamo dalla nostra psiche considerandola come un demonio intruso, ovviamente sarà sorta nella nostra intimità la comprensione creatrice.

Successivamente potremmo concederci il lusso di giudicare analiticamente tale aggregato con il proposito di renderci pienamente consapevoli dello stesso.

Il problema grave delle persone consiste precisamente nell’identificazione e ciò è lamentevole.

Se le persone conoscessero la dottrina dei molti, se davvero capissero che neanche la loro propria vita appartiene loro, allora non commetterebbero l’errore dell’identificazione.

Scene di ira, quadri di gelosia, ecc., nel terreno della vita pratica risultano utili quando ci troviamo in costante auto-osservazione psicologica.

Allora comproviamo che né i nostri pensieri, né i nostri desideri, né le nostre azioni ci appartengono.

Incontestabilmente molteplici io intervengono come intrusi di malaugurio per mettere nella nostra mente pensieri e nel nostro cuore emozioni e nel nostro centro motorio azioni di qualsiasi tipo.

È lamentevole che non siamo padroni di noi stessi, che diverse entità psicologiche facciano di noi ciò che gli pare e piace.

Sfortunatamente non sospettiamo nemmeno lontanamente ciò che ci succede e agiamo come semplici marionette controllate da fili invisibili.

Il peggio di tutto questo è che, invece di lottare per renderci indipendenti da tutti questi tirannelli segreti, commettiamo l’errore di rinvigorirli e ciò succede quando ci identifichiamo.

Qualsiasi scena di strada, qualsiasi dramma familiare, qualsiasi lite sciocca tra coniugi, si deve indubbiamente a tale o tal altro io, e questo è qualcosa che non dobbiamo mai ignorare.

La vita pratica è lo specchio psicologico dove possiamo vedere noi stessi così come siamo.

Ma prima di tutto dobbiamo comprendere la necessità di vedere noi stessi, la necessità di cambiare radicalmente, solo così avremo voglia di osservarci realmente.

Chi si accontenta dello stato in cui vive, lo stolto, il ritardatario, il negligente, non sentirà mai il desiderio di vedere se stesso, si amerà troppo e in nessun modo sarà disposto a rivedere la sua condotta e il suo modo di essere.

In forma chiara diremo che in alcune commedie, drammi e tragedie della vita pratica intervengono vari io che è necessario comprendere.

In qualsiasi scena di gelosia passionale entrano in gioco io di lussuria, ira, amor proprio, gelosia, ecc., ecc., ecc., che successivamente dovranno essere giudicati analiticamente, ognuno separatamente, al fine di comprenderli integralmente con l’evidente proposito di disintegrarli totalmente.

La comprensione risulta molto elastica, perciò necessitiamo di approfondire sempre più profondamente; ciò che oggi comprendiamo in un modo, domani lo comprenderemo meglio.

Guardando le cose da questo angolo, possiamo verificare da soli quanto utili siano le diverse circostanze della vita quando in verità le utilizziamo come specchio per l’auto-scoperta.

In nessun modo cercheremmo mai di affermare che i drammi, le commedie e le tragedie della vita pratica risultano sempre belli e perfetti, tale affermazione sarebbe stravagante.

Tuttavia, per assurde che siano le diverse situazioni dell’esistenza, risultano meravigliose come palestra psicologica.

Il lavoro correlato alla dissoluzione dei diversi elementi che costituiscono il mio stesso, risulta spaventosamente difficile.

Tra le cadenze del verso si nasconde anche il delitto. Tra il profumo delizioso dei templi, si nasconde il delitto.

Il delitto a volte diventa così raffinato da confondersi con la santità, e così crudele da arrivare a somigliare alla dolcezza.

Il delitto si veste con la toga del giudice, con la tunica del Maestro, con le vesti del mendicante, con l’abito del signore e persino con la tunica del Cristo.

La comprensione è fondamentale, ma nel lavoro di dissoluzione degli aggregati psichici non è tutto, come vedremo nel capitolo seguente.

Risulta urgente, improrogabile, renderci coscienti di ogni Io per separarlo dalla nostra Psiche, ma questo non è tutto, manca qualcosa di più, si veda il capitolo sedici.